La figa vergine della zia Concetta


Mia zia Concetta, siciliana, tutta casa è chiesa, sempre vestita di nero. Un giorno, anni fa, gli chiesi il motivo perché era sempre vestita di nero.
“Figlio mio bello, sono vedova, il mio povero fidanzato è morto in un incidente di lavoro, almeno cosi dissero.”
Ero troppo piccolo per capire che cazzo di stronzata era questa, essere vedova di un fidanzato è portare il nero a vita. Usi è costumi di una terra bella è martoriata, da fatti di cronaca nera. Non sono qua per fare lo storico, non è il mio compito e né tanto poco ne sarei capace. Chiarito in quale contesto si svolge la mia storia con zia, inizio a raccontarvi quello che avvenne alcuni anni fa.
I miei genitori erano emigrati a nord per ragioni di lavoro. Io restai con i nonni, sia per ragioni di studio che quelle economiche. Restai a casa dei nonni, avevo una camera, tutta per me. Zia mi coccolava e mi viziava. Un pomeriggio, non avevo voglia di niente, iniziai a girare nel giardino dietro casa, ad un tratto rimasi a bocca aperta, zia Concetta era chinata e con il vestito un po’ sollevato, potevo vederle il culo, in quel momento, la cosa strana per me un po’, era che indossava mutande di pizzo, ridottissime, sì vedeva tutto il culo. Rimasi nascosto, mi sbottonai i pantaloni, tirai fuori il mio gigante, neanche a dirlo era già duro. Guardando quel culo mi sparai una sega. Da quel momento vedevo zia in un modo diverso, inizio a ronzarmi nella testa che la volevo. Desideravo scoparla. Sarà difficile… è cosi bigotta, figuriamoci se scopa con il nipot. Credo che sarà ancora più difficile, come è lei, credo che è ancora vergine. Credo che devo trovare un modo di non spaventarla. Passavano i giorni è io non combinavo nulla. Un giorno eravamo a tavola per il pranzo. Il nonno è la nonna sedevano a capo tavola di solito io è zia uno di fronte all’altro. Quel giorno si mise al mio fianco, dopo aver servito, si sedette, subito senti la sua gamba toccare la mia. Cosa stava succedendo? Non lo capivo, visto che era stata lei a iniziare, osai con la scusa di aggiustare il tovagliolo, allungai la mano, la misi sulla sua coscia, accarezzai un po’, non potevo continuare, i nonni potevano notare qualcosa. Alla fine del pranzo aiutai a sparecchiare, insieme portammo i piatti in cucina, come restammo soli, presi il suo viso con tutte è due le mani, lei mi guardava è sorrideva, la baciai, lei era con le labbra socchiuse, come gli diedi la lingua, la succhio, mi procuro un lieve dolore, misi la mano lungo la coscia, gli sollevai il vestito.
“Aspetta, possono arrivare i nonni, vai a fare un giro ti raggiungo al capanno degli attrezzi.”
I nonni andavano a fare un pisolino, mi recai al capanno, dentro cera del fieno, preparai un giaciglio, attesi alcuni minuti, lei arrivo si chiuse la porta alle spalle, la presi per mano è la feci distendere sul giaciglio.
“Ragazzo come corri, aspetta! Mi fai vedere la minchia? Io non l’ho mai vista.
Restai di merda, ma mi abbassai i pantaloni e lo tirai fuori.
“Non è un gran che, quello del montone è più grande.”
Cazzo, essere paragonato a un montone non mi andava giù.
“Hai provato quello del montone?”
“Non dire cazzate! L’ho visto.”
“Allora prova questo.”
Mi avvicinai al suo viso, era in inginocchio, apri la bocca è lo prese, inizio a pompare. Misi le mani sulla sua testa è l’accompagnavo nel movimento, attesi un po’, glielo tolsi.
“Zia ti voglio fottere, desidero chiavarti.”
“Tu matto sei? Sono ancora vergine è pura!”
“Allora stendiamoci, desiderio di leccarti la figa.”
“Questo sì, mi sono lavata apposta prima di venire qua.”
Lei si distese è mi inginocchiai io. Gli sollevai il vestito, era senza mutande, la figa era un bosco di peli neri lunghi è ricciuti, passai la lingua a spatola, i suoi odori sembravano di muschio selvaggio, iniziai a leccare, leccai il clitoride, dopo alcuni secondi si indurì, c’è l’aveva abbastanza pronunciato. Mi piaceva sentì il clitoride reagire ai colpi della mia lingua. Lei continuava a succhiarmi il cazzo. Leccavo la figa pelosa e gli misi un dito nel culo. Lei mi invocava di continuare, mi pressava sulla fica. Non mi ricordo il tempo che passo. Mi tolsi dalla posizione che eravamo, mi distesi su di lei, che non si rese conto della posizione che eravamo. Si aggrappo a me, mi chiamava “Amore mio”. Guidai il cazzo, diedi una spinta, entrai in quella selva. Mi fermai, era entrata la capocchia.
“Figlio di puttana, che hai fatto?”
“Ti sto chiavando.”
“Non dovevi amore mio! Ormai… non ti fermare, chiavami.”
Entrai del tutto, iniziai a chiavarla lentamente, ci baciavamo quasi a voler mangiare le nostre labbra. Ad un tratto, mi arrivo l’orgasmo, non me la spettavo, esplosi, diedi un colpo è mi bloccai. In quel momento non capivo che non dovevo sborrare dentro la figa, ormai era fatta.
Da quel giorno, scopavamo in tutte le occasioni.
Arriva il giorno della mia partenza, mi dispiaceva, non solo perché chiavavo a più non posso, ma mi dispiaceva lasciare lei…
Al mio arrivo era papa che era venuto a prendermi. In quell’istante decisi.
“Papa ti prego di aiutarmi, è di non gridare. “
“Dimmi cosa ce.”
“Mi sono innamorato di zia Concetta.”
“Minchia, te la sei anche scopata?”
“Papa non è il momento…”
“Capisco, cosa vuoi fare? Come posso aiutarti?”
Penso che sia inutile raccontare tutti gli ostacoli. Alla fine lei mi ha raggiunto viviamo insieme, mi auguro che un giorno la posso sposare.

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