La prima volta con la mamma

Mio padre era mancato da un paio d’anni ma grazie all’assicurazione e ai suoi investimenti oculati, io e mia madre conducevamo un’esistenza tranquilla nella nostra casetta in una piccola cittadina di montagna. A scuola, noi ragazzi non facevamo altro che tormentare le ragazzine, che si sarebbero disperate se non lo avessimo fatto. I nostri discorsi vertevano soprattutto su donne misteriose che, segretamente, soddisfacevano i nostri più ardenti desideri, una volta arrivato a casa nel silenzio della mia stanza mi segavo l’uccello quasi sempre eretto. Una domenica mi misi sul letto a sfogliare una rivista porno con bei culi grossi e fighe allargate che mi facevano impazzire e ovviamente cominciai a masturbarmi con foga, finché sentii l’arrivo di mia madre. Nascosi subito la rivista e scesi le scale per cenare insieme. Il giorno dopo, appena tornato dalla scuola, mia madre mi aspettava nel piccolo giardino “Ecco Giulio, dobbiamo parlare un po'” e tirando fuori la rivista porno mi disse ” Scusa, non mi ero resa conto che eri diventato già un uomo e bisogna essere preparato per la vita, raccontami le tue storie” Cazzo, che storie… Ero vergine come nel giorno che sono nato e ho iniziato e singhiozzare nelle braccia di mia mamma, mentre essa inizia ad accarezzarmi le cosce fin ad arrivare a graffiarmi sensualmente l’uccello che subito era diventato duro come un sasso. “Ma guarda come è diventato grosso e duro il tuo cazzo”. All’improvviso tutto mi apparve chiaro e semplice, avevo capito! Aveva bisogno di me, del mio aiuto. Come potevo negarglielo? Chinai lo sguardo e vidi la sua mano che saliva e scendeva, la mia cappella coprirsi e scoprirsi ritmicamente facendomi ansimare di piacere finché a un tratto le riempii le mani con il seme cremoso. Dopo un attimo di vergogna, iniziai a baciarle le belle labbra carnose e accarezzai le tette grosse sentendo i capezzoli turgidi sotto le mie mani. “Ora ti insegnerò a conoscere il mio corpo e tu mi insegnerai a conoscere il tuo.” Si slacciò la vestaglia facendomi vedere le belle tette grosse e la figa accuratamente rasata, coperta solo con una striscia sottile di pelo nero, poi allargando le gambe mostrò il clitoride eccitato. “Ora accarezzami e fammi godere come sapeva fare solo tuo padre”. Divaricò le gambe snelle e lisce e spingendomi la testa sulla patacca calda, mi insegnò a leccarla e sditalarla. Strinsi tra le dita il clitoride eccitato, la presi tra le labbra, succhiandola come se fosse una caramella e introdussi un dito in profondità nella sua vagina bagnata. Prima uno, poi due, mentre lei aumentava il ritmo del saliscendi sul mio dito. Cercai di muovere le dita al suo stesso ritmo, succhiandole il grilletto finché mi inondò la mano di un liquido caldo e vischioso. “Ah! Tesoro! Godo! Bambino mio!”, aumentai il ritmo sentendo pulsare la figa calda. Subito dopo se ne andò in bagno e mi addormentai sul divano. “Svegliati porcellone, non si deve dormire quando una bella donna ti aspetta. Vieni! Andiamo! Ti devo insegnare qualcos’altro.” La raggiunsi, la presi per mano e la segui in camera. Si girò e mi abbraccio, abbassando la testa per baciarmi. Il mio uccello duro si perdeva tra le sue cosce. Senza smettere di baciarsi mi buttò sul letto e tirandomi fuori il cazzo già eretto si mise in ginocchia. Inginocchiata tra le mie gambe mi costrinse ad aprirle, mi accarezzo il ventre con tutte e due le mani, le palle indurite, e finalmente afferrò il cazzo scappellandolo decisamente. Me lo slinguò tutto, chiudendolo poi tra le labbra in un cerchio di fuoco e leccando la cappella. Vidi il mio cazzo sparire tutto tra le sue labbra mentre la mano passava a massaggiarmi le palle, poi ricomparve, scomparve nuovamente. La sua testa si alzava ed abbassava sempre più veloce, il suo dito sottile mi torturava piacevolmente l’ano, non riuscivo e trattenermi e gemendo di piacere l’allagai la bocca con tutto lo sperma caldo. Più tardi dopo aver ripreso il fiato, ricomincia ad assaggiarle la fica affondando due dita nella vagina calda, mentre lei gemeva e mugolava, roteava i fianchi. Non ce la facevo più dalla voglia, le riempii la patacca umida con il cazzo grosso muovendomi come ho visto nei video porno e aumentando il ritmo la feci urlare di piacere riempiendola ancora una volta con la sborra. Ci addormentammo con la sua testa sulla mia spalla, sognando la sua bella figa.

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