Racconti di gioventù – Prima parte (mandata da Ulisse)

Mia madre, il mio vizio piu grande ,prima parte

Mio padre si è deciso a riconoscermi nel 1976 poco prima di morire. Ma a me di questi problemi di cognomi non mi è mai importato nulla. L’unica vera passione della mia vita è stata mia madre di cui ho sempre portato il cognome, anche adesso; che se pure mi ha resistito a lungo, mi ha anche molto concesso, evitandomi quel triste obbligo giovanile che è la masturbazione.

Dormire con mia madre significava per me momenti di beatitudine quando la sera mi potevo accostare al suo corpo meraviglioso (i miei amici erano tutti pazzi di lei; se avessero saputo che io ci dormivo insieme…), aderirvi anche quando si voltava sul fianco destro; mettere la bocca tra le due poppe, questo ancora quando avevo 18 anni, e un giorno mio padre ci “pizzicò”, ma mia madre fu brava a rabbonirlo.

Dopo essere stato sballottato tra famiglie di amici, tra estranei, collegio, contadini, ecc., a 11/12 anni mi ritrovai con mia madre in un appartamento in affitto, qui a Roma, diviso con un’altra coppia di madre e figlio del nostro medesimo genere.

Mia madre e io occupavamo la camera da letto, con l’uso della cucina e il bagno; la mia storia inizia con questo letto. Mio padre veniva quasi ogni giorno; si infilava nel letto con mia madre e mi spediva a imbucare lettere o a fare qualche commissione. Ma in quella camera io dovevo appoggiarmi per fare i compiti. Un pomeriggio, anticipo, avevo 15 anni, mi voltai e vidi mia madre uscire dal letto; vidi le sue cosce che oramai conoscevo bene, ma in fondo vidi le mutandine. L’erezione quasi mi sfondò i pantaloni; corsi al bagno, liberai il membro e dopo pochi minuti, con un batticuore che mi toglieva il respiro, mi saltò quasi in faccia il getto dello sperma. Cos’era successo? Ero da poco entrato nella pubertà, 14 anni compiuti, e un apparato genitale già sviluppato, che una sera a letto mia madre mi chiese di andarle vicino, di “appoggiarmi” a lei anche a spalle voltate. Un piacere indicibile. Come sentii il suo  corpo mi partì la mia prima erezione che neanche sapevo cosa fosse, anche se tra i miei amici molto si parlava, scherzando, di “cazzo”, di “fica”, di “sburro”.

Sempre in questa prima fase, un pomeriggio, di ritorno da una passeggiata, ci mettemmo nel letto spogliati, naturalmente con il permesso di starle addosso e di frugarle il seno (con esclusione dei capezzoli, che mi erano ancora(!) vietati, perché troppo piccolo…). Standole quasi sopra e naturalmente in piena erezione, dopo una ventina di minuti circa avvertii una rottura che avveniva all’apparato genitale e una uscita di un liquido che capii subito essere il famoso “sburro”, il tutto accompagnato da una serie di piacevolissime contrazioni; era il mio primo orgasmo, e l’avevo addosso a mia madre! Andai dietro la sponda del letto e vidi negli slip lo sperma; mi pulii con un fazzoletto mentre mia madre taceva con lo sguardo perso nel vuoto.

E taceva sempre quando io le saltavo addosso come per gioco, e la buttavo sul letto, e le andavo sopra. Aspettava che io mi godessi l’eiaculazione. Nel tempo mi facevo sempre più ardito e le eiaculazioni provocate dall’amore sempre più frequenti. Dovevamo andare via da quella casa, da quella situazione, ma purtroppo non c’era denaro per affittare un nostro appartamento. Il fatto che mio padre non vivesse con noi non mi dava pensiero; anzi, così mi godevo mia madre. A Natale rimanevamo completamente soli; mia madre chiudeva l’appartamento e poi la camera; isolati dal mondo, Seno, cosce, fondo schiena, tutto per me e conseguenti eiaculazioni; ma per il resto tenuto a bada. E io mi facevo più grande fisicamente; il mio apparato sessuale era ormai quello di un adulto, mi sento di dire molto sviluppato, ben modellato; apprezzato dalle amanti che ho avuto e naturalmente dalla mamma.

Penso notevolmente più grande di quello di mio padre, che era di statura di poco inferiore alla media. Ciò secondo me ha avuto una sua parte nella vicenda che sto raccontando. Di ritorno da Venezia mia madre accogliendomi con trasporto mi prese il viso tra le mani fissandomi intensamente; mi baciò sulla bocca dicendomi che avevo fatto una bocca come una rosa, addirittura! E aumentavano le licenze nel letto il pomeriggio quando mio padre non veniva, e la notte che era il momento tutto mio con il membro duro come il sasso contro i suoi fianchi. Mi svegliavo e mi abbassavo il pigiama; le tiravo su la camicia da notte che lei indossava senza le mutandine che si toglieva davanti a me. Qualche volta le sono andato furiosamente in mezzo alle cosce da dietro, evitando però di lasciarle lo sperma sia sul corpo che sulla camicia da notte; mi ritiravo. Quando mia madre capiva che l’assalto lo avevo fatto da sveglio il giorno dopo taceva, ma se si era resa conto che ero stato in preda ad una specie di sonnambulismo allora ci scherzava su e mi raccontava tutto quello che avevo fatto, che l’abbracciavo, la baciavo, le dicevo “bella, bella”, che “volevo farle da marito”, e cioè che avevo messo fuori lo strumento per l’amplesso. La parola “marito” l’aveva spesso in bocca. E poi c’erano i sogni e relative eiaculazioni.

Comunque queste polluzioni notturne erano una buona valvola, e come ho detto non mi sono mai masturbato: il “tributo a Venere” era un fatto spontaneo. Però, ne sono arcisicuro, mia madre quando invece degli slip indossavo i calzoncini, aperti davanti, soprattutto nel sonno pomeridiano, mi esplorava . E questo sembra che lo facciano molte mamme, ma per altre ragioni. La notte io “sentivo” qualche cosa, dei movimenti molto delicati nel mio pigiama aperto davanti. E qualche volta mi sono svegliato perché c’era l’abatjour accesa, subito spenta ai miei accenni al risveglio. Quando in seguito diventammo amanti mia madre la sera infilava sempre la mano nel mio pigiama, mi toccava in continuazione. Il mio desiderio cresceva, però mia madre di farmi penetrare non ne voleva sapere, e io ne soffrivo terribilmente. Ancora adesso quelli li ricordo come “anni di vuoto”.

Era si innamorata di me, come io di lei, ma aveva paura della gravidanza(secondo me l’unica vera spiegazione di questa sua “crudeltà”), e di mio padre che, anche se lei aveva un impiego, ci manteneva e pagava l’affitto.  Io su mio padre ho molti dubbi sul piano morale. Loro si parlavano segretamente di cose che io non sapevo. Certamente mia madre gli diceva delle mie imprese notturne.

Poi una storia scabrosa. Sono sicuro oramai che mia madre per ottenere l’impiego si sia dovuta “sdebitare” poi con un uomo molto influente. Andò in macchina, che mio padre non aveva, a Viterbo dove pernottò in un albergo. Non  era sola, ma non era con mio padre. Passò la notte con questa persona; una relazione durata qualche tempo. Secondo me ci rimediò una gravidanza. Era il dopoguerra, io ero in collegio e mia madre non l’ho vista  almeno per un anno. Quindi dovrebbe esserci in circolazione quest’altro figlio di cui non so niente, a meno che non sia morto.
Una notte mi svegliai con un desiderio pazzesco; il cuore mi batteva fino a togliermi il respiro. Avevo un’erezione che mi spingeva a tentare il tutto per tutto. Lei indossava una sottoveste, da qui la mia eccitazione, e si era tolta le mutandine come faceva spesso la notte; mi misi a toccarle poi dappertutto le parti scoperte, senza che lei si muovesse. Poi cercai con il membro la fessura, che trovai. Piano piano questa volta, premetti e sentii che era entrato. Mi fermai, mia madre sempre immobile. Piacere spasmodico e quindi una forte spinta e dopo pochi minuti l’orgasmo. A quel punto mia madre si liberò dal mio abbraccio e saltò giù dal letto, anche perché i nostri dirimpettai avevano acceso la luce di una stanza che ci illuminò in pieno, perché era estate e per il gran caldo dormivamo con la finestra aperta. Ma il guaio era fatto. Appoggiò le imposte, si ricompose, accese la luce e si diede a frugare tra le lenzuola. Io finsi di dormire coprendo con la mano il colpevole. Andò al bagno più volte per il resto della notte. Il giorno dopo fui sottoposto a interrogatorio dalla coinquilina-amica, presente mia madre, mio padre tenuto allo scuro. Mi chiese se durante la notte mi era uscito dalla “banana”(come lei chiamava il membro) del “liquido bianco” e dove era andato a finire. Io negai e non se ne parlò più. Nelle notti seguenti me ne stetti per mio conto; anzi sino alla fine del 1956, quando cambiammo casa, non mi avvicinai più a mia madre, né lei mi cercò. Ma non mi sembrava indignata per quanto era avvenuto; probabilmente avrebbe preferito altre modalità per un atto che proprio non la scandalizzava venendo dal suo “bambino grande”, da una sua  parte che l’attirava prepotentemente, tanto da cadere nell’incesto esattamente dieci mesi dopo.

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