Che vita la mia, ognuno do noi vive la vita che si crea,e non troviamo scuse il destino, quello lo facciamo noi.
Dal giorno che sono nato, ebbe inizio la mia sfortuna.
La prima nato povero.
Seconda, mamma padrona se non facevi quello che diceva lei erano botte da orbi.
Quando osai ribellarmi mi butto fuori di casa, a volte ho pensato di essere stato adottato, il destino a voluto che sono il gemello di mio padre, per colpa sua ho fatto un matrimonio sbagliato.
Voi lettori, vi ponete la domanda, giusta, che ci frega della tua vita.
E la premessa per quello che racconterò, in seguito.
Durante il servizio militare conobbi una ragazza, mi piaceva, dire se ero innamorato non lo so, dopo tanti anni, resto nel buio, mi dava impressione, che era una donna assennata, invece a posto delle mani aveva un colapasta, un giorno litigando, mi disse mi accusi di avere le mani bucate, risposi ti chiedo scusa che l’abbia detto.
Per fortuna che ai il buon senso di capirlo non potevi essere più fortunato di avere trovato una come me.
Io mi sono sbagliato, e ti ho chiesto scusa e vero, tu non ai le mani bucate, tu le mani non ce li ai per niente.
Il resto non conta, avevo avuto due figli con lei, non era facile rompere il matrimonio, i ragazzi i debiti, cosi caddi in uno stato di menefreghismo, lavoravo mandavo i soldi, non bastavano mai, vi posso garantire che guadagnavo abbastanza, pensai anche al suicidio, cosi ero ridotto male nella testa, poi il mio volere scrivere, leggere, mi aiuto moltissimo.
Una volta ho scritto.
Il tramonto, dovrebbe essere l’alba del uomo.
Iniziare la vita da vecchio e morire bambino.
Dalla mia alba, adesso che si avvicina il tramonto, sono sazio, di quello che la vita mi a dato.
Ho fame,non sono riuscito, a placare la mia fame della conoscenza.
Un giorno mi domandai che cazzo fai, per una donna butti tutta la tua vita, decisi di lasciarla.
Desideravo vendetta, pensai a molte cose, erano tutte fantasie, una sera guardavo un film alla tv, e mi venne l’idea pazza, scoparmi tutte le donne della sua famiglia, se ci riuscivo, me ne sarei andato, con il cazzo appagato, la madre era rimasta vedova, pensai per prima mi faccio lei.
A letto con mia suocera
Mia suocera aveva da poco compiuti cinquanta otto anni, ancora piacente.
Lei era diversa dalla figlia, sia come fisico che come persona, il difficile era come fare, non era facile, al primo tentativo, potevo prendermi uno schiaffo, e sai il casino, iniziai a farle i complimenti tutte le volte che ne avevo l’occasione, lei sorrideva, ed era compiaciuta, anche perché li facevo quando eravamo da soli, iniziai a toccarla, nulla di particolare non volevo spaventarla, un giorno.
Giorgio domattina devo andare al centro commerciale mi accompagni.
Vai sempre con tua figlia, perché io.
Lo sai che non mi va di uscire con lei, se non vuoi non fa nulla.
Ma no che dici, mi fa piacere, se andiamo da soli.
In quel momento, eravamo da soli in casa.
Si andiamo soli.
Va bene guardandola negli occhi, e sorridendo, gli dissi, cosi avrò modo di farti la corte.
Se mi ritieni ancora valida per farmi la corte, fai pure.
E sorrideva.
Certo che sei valida, sei cosi bella.
Matto vai di la adesso, devo preparare il pranzo.
Ok vado, gli accarezzai il viso, resto dall’idea che sei bella, andai di sopra sul terrazzo, a prendere il sole, forse mi appisolai, venne il mio primo genito.
Papa e pronto vieni.
Scesi giù era tornata anche mia moglie, ci mettemmo a tavola, il tavolo era rotondo, nel sedermi spostai leggermente la sedia cosi mi trovai più vicino a lei, servi il primo piatto, prese posto, guardai verso le sue gambe calcolai che se allargavo un po’ le mie gambe toccavo le sue, pensai ci provo, potrà pensare che sia casuale, poggiai la mia gamba destra alla sua, e ci restai, non si mosse, dopo un po’ la mossi su e giù come una carezza, non fece nulla per sottrarsi alla mia carezza, finito il primo, si alzo, sparecchio e mise il secondo, nel sedersi fu lei a cercare la mia gamba, mi ero eccitato, pensai adesso devo provare di più, con la scusa del tovagliolo, misi le mani sul mio grembo, spostai la mano a toccare la sua coscia, la sfiorai, si giro a guardarmi e sorrise, era un invito a continuare? Rimisi di nuovo la mano questa volta diretto sul ginocchio, glie lo accarezzai, visto che non si scostava Sali più su, sino a che il vestito lo permetteva, tutto durava pochi secondi, finimmo di mangiare, mia moglie come suo solito.
Mamma vado a distendermi un po’, ti dispiace.
Ma no vai, sarai stanca.
Lei non si rendeva conto che la madre la prendeva per il culo.
I ragazzi, nella loro camera.
Ti aiuto io.
Una Vendetta in Famiglia – parte 1
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