Un viaggio nei ricordi 1


Erano anni che non andavo, nella mia città.
Avevo avuto dei dissapori con i miei. Di più con quello grande stronzo, del mio padrino. Lasciai la città, quello che mi ha tormentato in tutti gli anni che non ho visto mia madre. Ne soffrivo. Non volevo tornare da fallito. Sia nella vita lavorativa, che quella matrimoniale. Dopo il divorzio le cose cambiarono. Ho avuto un discreto successo lavorativo, oggi sto bene.
Un giorno chiamai mamma, è lei mi disse che il marito era morto e che era sola. Cosi la invitai a venire da me in Belgio, potevamo passare un po’ di tempo insieme, e lei poteva distrarsi. Al suo arrivo, ci abbracciammo, senza dire una parola. L’emozione mi aveva procurato un nodo alla gola. I passanti ci guardavano è sorridevano compiaciuti. Mamma è una donna bellissima, come si usa a dire è una gran figa. A casa si diede da fare, sapete come sono le mamme. Preparo la cena e la gustai con piacere. Era tempo che non cenavo cosi. Dopo cena accesi la tv, lei mi raggiunse, si mise seduta al mio fianco.
“Franco ti senti solo. Tua moglie la vedi?”
“Mamma, non mi manca. Per fortuna che non ci sono bambini. Non gli devo nulla, sono tranquillo. Ora sei qui con me è sono contento. Non mi giudicare.”
“Ma devo chiederti, hai mai avuto rimorso? Il senso del peccato per quello che è successo tra noi?”
“Mamma ne abbiamo parlato, ho sbagliato. Ora è morto, devi convenire che era stronzo.”
“Non ne parliamo più. Comunque io non mi riferivo al nostro litigio. Bensì a quello che abbiamo fatto, siamo stati incestuosi lo sai.”
“Ah quello!”
La presi la mano, la invitai ad alzarsi, la feci sedere sulle mie gambe. Mi guardava è sorrideva. Gli feci una carezza.
“Mamma, tu mi chiedi se io ho alcun rimorso? No, non ho alcun rimorso. È io credo che uno dei motivi dei nostri litigi era dovuto alla gelosia. Io mi ero illuso di passare la nostra vita insieme, sognavo castelli in aria.”
“Tu ti rendi conto che non poteva essere. Adesso non posso stare seduta sulle tue gambe, sento crescere qualcosa.”
“Resta che sia giusto o pure no, non lo so. Io ti devo confessare che ogni volta che ho leccato una figa chiudevo gli occhi è pensavo che stavo con la testa tra le tue cosce. Quando scopavo, pensavo che eri tu sotto di me. Non c’è stato un solo attimo che non ho pensato a te.”
“È io che credevo che eri pentito di quello che è stato tra noi. Che fai ti sei eccitato? Ti sento, lo sai?”
Non risposi, misi la mano dietro alla nuca e la tirai delicatamente verso di me. Poggiai la bocca sulla sua, trovai le labbra socchiuse. Gli diedi la lingua è lei l’accolse. Misi la mano tra le cosce, le apri per agevolarmi, si era tolto le calze. Finalmente dopo tanto tempo, ero ritornato a toccargli la figa. Non mi nascondo che sborrai nelle mutande solo al tocco dei peli. I ricordi tornavano fortemente alla mente.
“Amore andiamo sul letto, ti voglio nuda tra le braccia.”
“Non sono più quella che conoscevi.”
“Sei sempre bellissima, andiamo! Neanche io non ho venti anni come all’epoca dei fatti.”
La portai in camera da letto, iniziai a spogliarla è lei aiutava me. Restammo nudi. È vero… era cambiata, ma non tanto. Guardo il mio cazzo che puntava dritto verso di lei. Stese la mano, lo prese, inizio a masturbarmi piano. La feci distendere sul letto. Il mio pensiero volava, anni prima. Quanto mi piaceva mettermi con la testa tra quelle cosce e leccare la figa. Quasi con timore reverenziale passai la punta della lingua tra le labbra della figa, ma lei mi blocco.
“Amore vienimi sopra, chiavami! È troppo tempo che aspetto questo momento, ti voglio tantissimo.”
Mi distesi su di lei. Lei vole essere scopata dal figlio… io che cazzo aspettavo? L’ho sognata per anni e anni. Prese il cazzo è lo guido. Mi disse:
“Spingi, entra nel mio corpo! Ti amo è mi sei mancato da morire, sia come figlio che come amante.”
Entrai in lei, restai fermo ben piantato dentro quella figa calda, sembrava che era fatta per me, il cazzo aderiva molto bene alle pareti vaginali. Iniziai a chiavarla molto piano. Ricordavo bene che a lei piaceva essere portata all’apice molto lentamente, quando si era eccitata al massimo, chiedeva di essere fottuta hard, diventava una pazza. Di fatti passarono alcuni minuti è mi grido di aumentare il ritmo.
“Amore, che bello può essere. Come mi conosci… Chiavami forte, fammi sentire il tuo cazzo che mi sfonda, lo sento nella pancia.”
Aumentai il ritmo. Lei gridava il suo amore è mi invocava di scoparla forte. Pochi minuti o secondi, non lo so, ho sborrato nella sua figa, era come se non chiavavo da chi sa quanto tempo. Ci rilassammo fumando una sigaretta.
Nel prossimo racconto, vi raccontero, come inizio la storia con mamma anni fa e come finirà questa.

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