Ho scopato mia sorella nel treno


Come tutti gli anni le solite vacanze al mare con tutta la famiglia. Mi annoiavo a morte, i miei che erano molto apprensivi, mi rompevano il cazzo tutto il giorno. Io volevo cercare una ragazza per farmi delle sane scopate, non continuare a spararmi delle seghe colossali. La famiglia decise di farci partire prima. Io e mia sorella più grande di me di tre anni. Alta 1.75, capelli castani con una carnagione color pesca, sembra che sia sempre abbronzata, due tette con i capezzoli che sembra che voglio forare le magliette. Il culo, quello per me è una opera d’arte. Mi sparo un sacco di seghe pensando a lei, molte volte vado a cercare nella cesta della biancheria sporca, cerco le sue mutandine per sentire il profumo della sua fica.
Nostro padre ci porto alla stazione, avevamo prenotato il vagone letto. I soliti saluti e raccomandazione. Era mezzanotte quando partimmo per la Sicilia, andavamo dai nonni paterni. La fortuna fu che il vagone letto era vuoto. Come il treno usci dalla stazione, Chiara si tolse la gonna e la maglietta, resto solo con mutandina e reggiseno.
“Ma che fai? Se viene il controllore?”
“Mi copro con il lenzuolo.”
“Tu sei tutta matta, non cambierai mai.”
“È a te piace guardare il mio culo! Dimmi la verità fratellone, quante volte ti sei masturbato annusando le mie mutandine?”
“Non ho altro da fare, che annusare le tue mutandine!”
“Che fai, neghi? Non sei stato molto furbo io e mamma abbiamo visto che sborravi nelle nostre mutandine. In casa ci sei tu è papa, uno dei due deve essere. Mi sono messa d’accordo con mamma e abbiamo messo una mutandina in bella vista, dopo che papa e andato a lavoro. Abbiamo atteso il momento che tu andavi in bagno, quando sei uscito, abbiamo controllato, eri tu. Ora che fai, neghi?”
“Non posso negare l’evidenza, che vergogna… Come guarderò mamma?”
“Ci siamo masturbate a vicenda sentendo il profumo della tua sborra.”
“Tu e mamma? Ma che dici?!?”
“Sveglia ragazzino, papa è più vecchio di mamma e lo sai, poi con l’operazione ormai non può fare più nulla. Mamma gli vuole bene e non gli mette le corna. Vuole ancora godere, non dirmi che non ci hai fatto un pensierino.”
“Con tutti questi discorsi, mi hai fatto eccitare.”
“Ti va se ci masturbiamo? Io ti faccio vedere la fica, puoi anche assaggiarla se vuoi, e tu mi fai vedere il cazzo, da quello che vedo è già duro. Dai, tiralo fuori!”
Era l’occasione che tanto avevo sognato, non mi feci pregare. Come aveva detto lei, ero già in tiro, mi abbassai i pantaloni, il cazzo si mise dritto davanti a lei, mi ero accostato di molto, cosi mi venni a trovare che quasi le toccavo la bocca con il cazzo. Lei lo guardo affascinata, mi accostai ancora, il cazzo gli tocco le labbra. Non disse e non fece nulla.
“Apri la bocca! Ora non lo vuoi più?”
Prese la capocchia tutta, sentì la sua lingua che l’avvolgeva, pochi secondi, poi inizio a pompare. Misi le mani sulla sua testa e l’accompagnavo nei movimenti. Dopo un bel po’, glielo tolsi di bocca.
“Amore, tocca a me leccarti la fica!”
Non mi rispose. La feci alzare e invitai ad appoggiarsi con le mani alla porta, assunse la posizione alla pecorina. Mi inginocchiai, spostai quel minuscolo pezzo di stoffa che lei chiama mutande. Notai il buco del culo, un colore roseo, i suoi raggi a maglieria, erano un invito alla mia lussuria, quasi con reverenza passai la lingua a pennello e mi piacque. Leccai un po’, misi la lingua nella figa a raccogliere i suoi liquidi vaginali. Gli leccavo la figa e il culo.
“Tommaso, chiavami, dai… Voglio sentire il cazzo che mi fotte!”
Mi alzai, la presi per i fianchi, guidai il cazzo, entrai in lei. Il movimento del treno mi dava l’impressione che voleva accompagnare il movimento della chiavata.
“Amore che bello può essere! Chiavami, sfondami tutta!”
Aumentai il ritmo, ero a limite, non resistevo più… diedi dei colpi di reni rapidi e sborrai.
Ci rilassammo, prima di arrivare scopammo di nuovo e ci promettemmo che tutto il periodo delle vacanze si scopava. Non chiedevo di più, ma la sorpresa fu, che mi chiese di fare godere mamma, ne aveva bisogno. Ma questa è un’altra storia.

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