La mia migliore amica – prima parte

Chi più di una mamma può essere la tua migliore amica? Nessuno può comprenderti come lei, tanti amori iniziano e finiscono, quello di una mamma non ha fine mai. Si può arrabbiare e ti sgriderà ma con un solo scopo, guidarti e sostenerti nella strada della vita e dovunque la vita ti porterà. Due amori porterai sempre con te, tua madre e la tua madre terra. La vita, il destino o come lo volete chiamare, mi aveva portato lontano da casa e dai miei amori. Per lavoro mi ero trasferito, negli USA, New Jersey, vivevo nella piccola città di Lodi. Per andare al lavoro tutti i giorni passavo davanti allo stadio dei Giants. Non ci sono mai andato, non mi piace il loro gioco. Il lavoro andava bene mi ero anche sposato con una ragazza di origini venete ma andò male, avevamo avuto una bambina, lei l’aveva lasciata a me. La bimba aveva otto anni, si atteggiava a donnina. La mia ex si era trasferita in California, a mia figlia ci pensava un po’ mia suocera una navajo, una donna stupenda, con il marito di origini venete. La loro figlia era una vagabonda, non riusciva a stare in un solo posto, si scusava asserendo: “è l’indiana che è in me”.
Una sera, mia madre mi chiamò, papà era deceduto per un infarto, volevo andare per i funerali ma lei disse: “A che serve? Ricorda tuo padre per come era, vederlo in una bara non serve, forse adesso che sono sola, vengo io da te.” Cosi fu, un mese dopo, mi avvisò dell’ora del suo arrivo, andai a prenderla. Come la vidi stavo per piangere di gioia e com’era bella! Ci abbracciammo restando in silenzio, non c’erano parole, solo il silenzio e quello parlava per noi. Mia figlia era la prima volta che la incontrava dal vivo, la fortuna era che non era timida. Arrivati a casa, mamma prese in mano la situazione, non sono un buon uomo di casa, dopo tanto tempo mangiai un pasto vero. Dopo cena chiesi se voleva conoscere mia suocera, disse di sì, non era molto lontano da me, si poteva andare a piedi e fare una passeggiata.
Arrivati da loro, mamma restò meravigliata della bellezza della mia ex suocera, anche se si capivano poco riuscirono a comunicare. Tornammo a casa con la promessa di organizzare una cena a casa da noi, ad essere sincero un pensierino su mia suocera l’avevo fatto, non solo perché era bella, credo che in tutti noi il fascino degli indiani d’America ci attrae, specialmente noi, eterni ragazzini, che sognano ancora di giocare agli indiani. Fare la prova di scoparla, non ci avevo mai provato, la mia era paura di fare una figura di merda. In questo periodo sono arrapato, mi sto sparando delle seghe colossali, da quando mia moglie mi ha lasciato non ho voluto più uscire con nessuna.
– E’ bella la tua ex suocera, da quello che ho capito ti piace, vorresti fartela? Dimmi la verità!
– Mamma ma che dici?
– Dico la verità! Dimmi guardandomi negli occhi che non ci hai mai pensato di scopartela, è così? Se io fossi lesbica me la farei, magari lo divento adesso.
– Mamma ti senti? E come se io ti dicessi che voglio scopare con te.
– L’hai detto tanto per dire o perché lo vuoi veramente?
La guardai, sorrideva, ero impreparato ad una richiesta del genere, non sapevo come rispondere.
– Hai perso la parola? A me sembra semplice, puoi dire sì desidero scoparti, oppure mamma ti sei sbagliata, hai capito male. Pondera bene quello che dici, non c’è ritorno dopo.
– Cioè? Che vuoi dire non c’è ritorno?
– Semplice, se lo vuoi, dici si, andiamo a letto e scopiamo, mi fai tutto quello che hai sempre immaginato di fare con me, se mi dici che non mi vuoi, finisce qua, non potrai più tornare indietro. Allora?
– Perché pensi che io immagino su di te?
– Cosa credevi, che non avessi capito che andavi nel bagno, prendevi le mie mutandine e ci sborravi dentro? O che cercavi di spiarmi tra le cosce? Non sei cosi maldestro da far cadere le posate tutte le volte che eravamo a tavola. Rifletti! Tutte le volte mi facevo trovare con le cosce aperte per fare in modo che tu potessi guardare, un giorno mi sono tolto le mutandine prima di metterci a tavola e tu, non uscivi da sotto al tavolo, per farti uscire ho chiuso le cosce. Il problema era che tuo padre si poteva insospettire, ecco come puoi capire, so tutto.
– Perché non mi hai mai detto nulla? Si potevano evitare molti sotterfugi.
– E’ vero, devi pensare che sono tua madre e non è facile accettare di commettere l’incesto. Oggi lo voglio anche io, sempre se tu mi vuoi. Forse non sono più una bella fica ma penso che me la cavo, mi chiamano ancora gnocca.
– Tu non solo sei bella e gnocca, sei bona, una gran fica. Si che ti voglio, aspettiamo che Barbara dorme e ti faccio vedere io che ti faccio, con tante seghe che mi sono sparato in tanti anni, ti devo mangiare. Lo sai che il mio grande desiderio e quello di mettermi con la testa tra le tue cosce, strapparti le mutandine con i denti e bearmi della tua fica e dei tuoi sapori?
– Vuol dire che verrò a letto con le mutandine? Io non lo so ancora il tempo che mi fermo, il giorno che partirò per fare ritorno a casa, voglio che avremo già fatto tutto quello che desideriamo e dico tutto. Sarò una sfacciata e una mamma troia ma se non mi giudichi tu, della morale non mi interessa.
– Non parlare così, è un desiderio che ci portiamo dentro non ne parliamo più, passiamo ai fatti. Vieni qua tra le mie braccia e vienici come donna, non come mamma.
Si accostò a me e mi offrì la bocca, delicatamente poggiai la mia, le diedi la lingua, lei l’accolse. Non mi sembrava vero, stavo sognando, l’abbracciai forte, lei ricambiò, mise le mani dietro al mio collo e si stringeva forte. Sollevai il vestito, misi la mano nella mutandina, riuscii appena a toccarle la fica che squillò il telefono… andai a rispondere, era mia suocera, mi chiedeva se mia figlia poteva restare a dormire da loro, dissi di sì, era una fortuna inaspettata. Tornai a prenderla tra le braccia, cercai la bocca, ci baciammo per un po’.
– Mamma saremo da soli, andiamo sul letto.
– Certo amore, ma desidero fare la doccia, prima.
– Buona idea, la facciamo insieme ti lavo la schiena, e questo tuo bel culo.
– No, mi devo preparare da sola, aspetta che finisco e poi la fai tu.
Dopo aver atteso nel salone che lei uscisse dal bagno, mi avvisò che potevo andare. Dopo essermi rasato e fatto la doccia, andai in camera. C’erano le luci spente, mi chiese di non accenderle, in seguito mi disse che non voleva farsi vedere nuda. Mi distesi al suo fianco, stava solo con la mutandina, la presi, l’abbracciai, ci cercammo con le bocche. Sembravamo due assetati nel deserto, le nostre lingue si incontravano e giocavano tra loro, assaporavo la sua saliva, era nettare degli dei. La mia mano non trovava un punto dove fermarsi, desideravo accarezzare tutto il suo corpo tanto desiderato. Lasciai la bocca, mi dedicai ai seni, ancora abbastanza sodi, i capezzoli eccitati reagirono indurendosi, sembravano due chicchi d’uva, mi dedicai un po’ a loro, poi scesi giù e mi fermai sul ventre, come avevo detto presi l’orlo delle mutandine tra i denti e tirai verso il basso.
– Caro girati, mettiti in una posizione, che posso accarezzarti il cazzo.
Mi girai nella classica posizione del sessantanove, mi prese il cazzo in bocca, sentii che mi leccava la capocchia, tirai con i denti la mutandina sino a toglierla, si strappo per metà. Presi un piede, iniziai a baciarlo, presi l’alluce in bocca e lo leccavo e succhiavo, lo lasciai e leccando e baciano arrivai alla mia meta, con le dita gli apri le labbra della figa, con la lingua cercai il clitoride, lo presi tra le labbra, succhiai, lei aveva preso il mio cazzo in bocca e lo succhiava, mi faceva un pompino deepthroat come poche volte mi era capitato, le misi un dito in fica, iniziai a chiavarla con il dito, mentre leccavo il clitoride.
– Amore mio che bello, leccami! Mi sento rinascere, è da tanto tempo che non provavo un piacere così intenso.
Continuai ancora, mentre lei continuava a succhiare il cazzo, mi tolsi dalla posizione in cui eravamo, non volevo sborrare facendo il sessantanove. Mi distesi su di lei, misi le mani sul letto sollevandomi quel tanto da non pesargli addosso, lei mise la mano tra noi e guidò il cazzo all’entrata della fica, mi chiese di spingere, diedi una spinta, lei era cosi lubrificata, piena di liquidi vaginali, scivolò dentro come il coltello nel burro, mise i piedi sul mio culo sollevandosi quel tanto da far aderire i nostri corpi.
– Amore resta così per un po’, mi piace sentirlo dentro, te lo dico io quando iniziare a chiavarmi. Così che bello, mi sento la fica piena, ecco adesso inizia a chiavare piano. Bravo! Cosi! Come chiavi bene amore e dannazione della mia vita, aumenta il ritmo, non immaginavo che era così bello chiavare con te.
Aumentai il ritmo, gli davo dei colpi così forti e rapidi da sfiancare un cavallo, persi la cognizione del tempo che passava, continuavo a chiavarla, ‘’ho sempre controllato, il momento di sborrare’’, lei mi invocava di continuare, decisi che bastava, così mi concentrai in quello che stavo facendo, schizzando tanto sperma, che mi sembrò che non volesse smetterla di sputarne fuori. Restammo abbracciati, dopo pochi minuti si decise di andare a bere e fumare una sigaretta.
Quella notte e nei giorni seguenti, scopavamo tutte le volte che ci era possibile, solo il culo, disse di no, poi per il resto, scopate lunghissime e sessantanove che non finivano mai. Venne il giorno della partenza, mi dispiaceva, le chiesi di restare, mi disse:
– Devi vivere la tua vita e scopati tua suocera!
Risposi dandogli della matta.

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